La poetica dei ... borghi e delle postmetropoli

di Mary Blindflowers
(sulla recensione del blogger Borghi a "Utensili Sparsi" di Mary Blindflowers e Fremmy - Nettarg edizioni -

La querelle campagna -città , si sa è di lunga data, dall'aurora della rivoluzione industriale; nella cosiddetta era ecologica, dopo un secolo di avanguardie moderniste, ha anche un senso volendo per visioni neourbaniste e antropologiche postindustriali più evolute: la scienza, anche le scienze sociali funzionano così, in base ai fatti, che domandano- da Kuhn a Popper-  necessarie rettifiche oltre i meri desideri soggettuali..... Va da sè,  un conto è il neoprogresso, altro il luddismo, ritorno all'ordine nostalgico preindustriale.  Questa dinamica vale, nel 2016, quando si ragiona come Rete e processi di Sistema- elettronico-  anche per la critica d'arte. Poco importano le cause soggettive -almeno in certo senso - di eventuali discussioni e polemiche - sull'essenza o l'aessenza, neologismo post Eco e l'opera aperta almeno...  o anche post Delouze-  del testo in sè  analizzato;  si analizza il testo secondo ampie e infinite ormai ad personam opzioni critiche possibili, persino - se si vuole- o se si è più spregiudicati, post proprio l'analisi strutturalista, al di qua o al di là del testo, sorvolandolo liberamente, ma anche qua come gioco linguistico consapevole e in ogni caso cognizione di causa-effetto e feedback.. Quel che su cui ha fatto flop il blogger critico Borghi, non necessariamente negativo altrove soprattutto come scrittore, tanto per essere chiari e appunto oggettivanti... ma in tal caso nella forzata pseudorecensione del libro in questione, beh anche imbarazzante un pochetto... Non amiamo per principio e lo riteniamo anche scorretto fare guerre con bersaglio autori non particolarmente noti... ma in tal caso, siccome il bersaglio del Borghi.. è una autrice un pochetto almeno nota, legittima eccezione, poi si noterà una battaglia fredda, quasi un invito a un reset e lasciare perdere...  Comunque l'autrice, sperimentale e de-strutturalista non a caso, anche se non le ama, ha giustamente risposto per le rime.  Noi concludiamo, riassumendo le "origini del discorso", così: beh,  un conto la poetica postmetropolitana, altro la pseudopoetica del borgo, era preindustriale, o dei borghi...   ndr. AsinoRosso).

Ci sono webeti che navigano costantemente alla ricerca del loro tempo da perdere, tempo che potrebbero impiegare diversamente e in modo più produttivo, per esempio per migliorare i loro romanzi. Ci sono persone che covano vendette per 5 mesi.

A giugno lessi "Le cose dell'Orologio", un pessimo libro scritto dall'illustre sconosciuto blogger Borghi che in tempi non sospetti, mi ha invitato, tanta la stima che aveva di me, a selezionare le opere di poesia per la sua agenzia letteraria.
Ho ancora la mail che lo conferma.


La mia recensione potete trovarla qui:
 

Questo illustre sconosciuto in alcune mail che mi sono pervenute sulla casella di posta elettronica, prima che recensissi il suo pregevole libro, mi scriveva, testuale: "ho una paura fottuta del tuo giudizio sul mio libro", e univa oltre ad attestazioni di stima, complimenti sulla mia scrittura: "puoi dare lezioni a molte presunte po(v)etesse che conosco", etc., precisando che nella mia recensione dovevo essere sincera.

Siccome il mio giudizio non sarebbe stato positivo, gli scrissi dicendogli che, se voleva, potevo anche non postarlo.
Si infervorò, diede letteralmente in escandescenze.
Si aspettava complimenti ed elogi al suo romanzo, evidentemente, e questo dopo avermi detto che dovevo essere sincera.
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Ci sono alcune parti davvero succulente, per esempio, quella in cui dice di non capire niente del titolo che, secondo il suo parere di recensore, non ci azzeccherebbe "una bacca di mirto" con il testo perché per lui, uomo dalla visione limitata delle cose, gli utensili sarebbero, "lo sanno anche i non letterati, degli strumenti utili per fare qualcosa e nell'opera in argomento tale termine non c'entra neppure se la leggiamo sotto l'effetto di potenti allucinogeni".
Forse il recensore non ha letto bene la poesia "follia" in cui si recita "utensili sparsi /nell'ordinaria crudità del giorno/:

Rara follia,
fortuna che ci sei.
Utensili sparsi
nell'ordinaria crudità del giorno
camminano,
oggetti senz'anima e corpo,
in disistima del mondo bruto
nelle trame di sfuocate
letargie antidubbio.
Si ferma solo
l'utensile caduto nelle solide certezze
coi semi aridi schiacciati
contro le rubriche di un analista ben pagato.
Eppure ci sono menti oltre,
in afflato di anagogia,
senza timbri,
apripista a costante ricerca
nelle vie di un futuribile domani,
senza sapere che poco più di niente.
Pura sublime follia è
guardare il mostro negli occhi,
sporcarsi del suo sangue le mani
e con la sua pupilla pulsante nel palmo
tessere trame di future nostalgie.

Vabbé cose che capitano, gli sarà sfuggito, ma non si è nemmeno accorto che il termine "utensili" rievoca "la Macchina" nella visione cosmica di certa letteratura d'avanguardia, inoltre gli è ulteriormente sfuggito che il termine, rievocato in varie liriche, allude alla disgregazione dell'uomo. Sparsi è un rafforzativo di questo concetto e sta per smarriti, persi, ma capisco come tutto questo possa apparire troppo complicato ad uno che chiama pane pane e vino vino.
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